Sciascia e il suo modo di fare letteratura a noi vicina
I LIBRI LETTI DAI RAGAZZI Abbiamo chiesto ai protagonisti della rubrica “La Strada delle ragazze e dei ragazzi” di raccontarci una trama, esponendo una emozione legata a una lettura. Un esercizio di scrittura in linea con le attività della “Strada degli scrittori” aperta da sempre alle collaborazioni dei più giovani. Iniziamo con Clelia Calandra che ci introduce alla lettura di un classico: Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia

“…come la civetta quando di giorno scompare“. Questa è la magnifica citazione tratta dall’Enrico VI di Shakespeare che apre il romanzo di Leonardo Sciascia e ne costituisce una perfetta sintesi. Si parla di mafia, di Sicilia, di Italia, di politica, ma anche di giustizia. Tutto è riassunto nella figura emblematica della civetta, attiva nel buio segreto della notte, inesistente alla cieca luce del giorno. La metafora ci appare chiara già dalle prime pagine di questa breve opera: “Noi due, siciliani, alla mafia non ci crediamo“. Sciascia crea un assoluto capolavoro della letteratura siciliana, non solo per le tematiche trattate, ma anche per l’effetto straniante che genera la sua analisi di un sistema politico corrotto e di un male tanto forte da contagiare un’intera nazione che, volente o nolente, si fa contagiare.

Un giallo di cui il lettore conosce già il colpevole. Un intrigante investigatore, intelligente e brillante.
La disperata ricerca di una giustizia che non arriva da nessuno se non dai capi mafia che, senza problema, offrono protezione e pretendono il pizzo.
La rabbia contro la falsa indifferenza di politici e governo di fronte alla malavita. Casi di omicidio che si intrecciano in un’enorme matassa di mandanti, scagnozzi e traditori. Il tutto è nascosto dai Siciliani stessi che per convenienza o paura, preferiscono abbassare lo sguardo e tapparsi bocca e orecchie. Allo stesso tempo osserviamo però anche la sottile analisi di una differenza. Quella tra le due cosche della malavita: la prima rappresentata dalla mafia antica, quella degli appalti pubblici e dei rapporti con i politici; la seconda, la mafia giovane, impulsiva e priva dei pur deviati “valori” della vecchia guardia.

Sciascia, in conclusione, osserva da vicino vizi e virtù di due collettività opposte, ma conviventi: forze dell’ordine e mafia , svelandone i motivi conduttori e la stretta correlazione. Tutto ciò viene mostrato al lettore dai personaggi stessi, emblemi di due dimensioni differenti. L’abuso di potere di alcuni poliziotti, la loro corruzione e la spesso totale noncuranza delle prove sono in forte opposizione alla Famiglia mafiosa, simbolo della società intera, ente supremo a cui portare rispetto e riconoscenza.
In definitiva, faccio appello a tutti coloro che non amano leggere dei difetti della Sicilia e a chi, come me, non ha vissuto quella famosa Questione Meridionale, ma ancora ne osserva le conseguenze. Leggere Sciascia non è solo leggere di mafia, è un’esperienza emozionante e avvincente, un modo di fare letteratura più vicino a noi di quanto pensiamo.