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Lavorare su un testo di Pirandello, cosa vuol dire vivere il mestiere dello scrittore

Molti gli incontri straordinari che hanno punteggiato questo percorso di scoperta del Dietro le quinte del nostro Concorso.

Fra questi Cosimo Argentina. Docente di diritto, all’ITCG e Pacle “Primo Levi” di Seregno, Cosimo Argentina è il referente del lavoro di Tragedia di un personaggio. La rilettura si è aggiudicata il premio Kaos.

Cosimo Argentina affianca alla professione di insegnante, il mestiere dello scrittore. Una lunga sfilza di pubblicazioni e una grande passione, che ha trasmesso a studenti e studentesse.

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Lo scrittore Cosimo Argentina

Come nasce la vostra partecipazione al Concorso Uno, nessuno e centomila?

“Dall’anno scorso abbiamo creato un gruppo di scrittura, la preside me lo ha affidato, da una parte scriviamo le nostre cose, romanzi e racconti brevi, dall’altro sperimentiamo. Quando ci segnalano bandi e concorsi, scegliamo quelli che sentiamo più nostri, questo Concorso Uno, nessuno e centomila, considerava entrambi gli ambiti che seguiamo.

Con il tempo i gruppi sono diventati due: uno è più generico, nasce per creare romanzi e racconti, l’altro lavora più sui testi, la rielaborazione di una novella di Pirandello era in linea con quello che il bando chiedeva”.

Come avete scelto la novella? Come ci avete lavorato?

“Nella scelta ci siamo concentrati su La tragedia di un personaggio, dove entra in scena anche uno scrittore.

Di solito funziona che uno di loro tira fuori l’idea e mette giù la base, poi, ogni volta che ci incontriamo, continuiamo a costruirci sopra.

Volevamo evitare di fare un corso di scrittura standard, di una serie di lezioni, abbiamo immaginato un gruppo con partecipazione libera. Già i testi sono stati messi in scena, sia dal gruppo di teatro della scuola, che da un gruppo senior che ha preso ispirazione da quello che abbiamo scritto.

A volte durante gli incontri parliamo semplicemente di scrittura, di quello che abbiamo scoperto attraverso la lettura, altre volte, invece, ci dedichiamo a esercizi di scrittura collettiva, non sono facili, non è automatico riuscire a scrivere insieme, ma con il tempo abbiamo imparato a conoscerci a sufficienza. Non c’è obbligo, non prendo le presenze. So che molti di loro si fanno parecchi chilometri in autobus, hanno problemi di tempi. Lasciandoli liberi, senza firma, vedo che si trasforma in un piacere”.

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Che età hanno le studentesse che partecipano? Quali sono stati i risvolti didattici di questo lavoro?

“Sono ragazze di terza, più una studentessa di V. Molti colleghi mi dicono (non sono mie alunne) che hanno notato un forte miglioramento nella parte espositiva e nella capacità di gestire la materia a livello mentale. Noi proponiamo sempre cose da leggere, anche questo ha una sua utilità”.

Quanto c’entra il suo lavoro di scrittore in questo progetto?

“La mia idea è far capire che scrivere, riscrivere, non è una cosa noiosa, per questo racconto aneddoti, quello che c’è dietro, uno scrittore è soprattutto un uomo del suo tempo, che ha vissuto le stesse loro ansie, ad esempio quelle editoriali, con la paura di non essere pubblicati.

Il vantaggio di avere alle spalle 14 romanzi è stato di far vivere il mio mestiere. Io non parlo per teoria, spiego davvero cosa succede nella vita di uno scrittore. Ho in mano una parte pratica che spesso nei corsi di scrittura creativa manca. La lotta quotidiana sul testo, l’editing, il momento in cui ci si consegna un testo, tutto quell’universo che altrimenti resta nell’ombra”.

Cosa si aspettano le vostre studentesse da Agrigento?

“Loro arrivano dalla Brianza. Sono contente e curiose, si rendono conto che si tratta di una realtà distante, un vero Sud. Arrivano in un momento complesso, fra interrogazioni e maturità, ma non si sono sottratte, alla notizia hanno aderito con grande entusiasmo. Hanno scelto loro, ho parlato con le famiglie, ma loro amano il mondo letterario, teatrale e tutto quello che ci gira intorno”.

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