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La Scala dei Turchi colpita al cuore

di Felice Cavallaro

La marna bianca imbrattata di rosso. Squadre al lavoro per la pulizia. Aperta un’inchiesta

Dopo tanti sfregi, stavolta la Scala dei Turchi sembra un gigante afflosciato. Colpito al cuore da squarci che fanno sgorgare rivoli di sangue verso le onde del mare. Pronte, a loro volta, ad avvicinarsi scroscianti, quasi a voler cancellare la vergogna di uomini che offendono la natura. Imbrattando gli scaloni di marna bianca con sacchi di polvere da intonaco. Polvere rossa che, impastata alla pioggia, diventa inchiostro devastante, trucco volgare, oltraggio alla bellezza.
Perché questo strato di vernice stavolta non resta in superficie e piega l’anima del gigante. Le ferite sono più gravi di scalfitture e graffi provocati da sconsiderati che s’arrampicano perfino con gli scarponi dentati. Qui non c’è solo la bravata degli sciagurati. Ma un’offesa volontaria e premeditata. Qualcuno ha organizzato il delitto. Ha comprato o preso dei sacchi di polvere utilizzati nell’edilizia. Se li è caricati in macchina, su un furgone. Li ha trasportati in spalla risalendo lungo i candidi scaloni dopo aver superato una ridicola recinzione e, nell’assenza di ogni controllo, in cima, non ha avuto pietà della magnificenza struggente di questo luogo che evoca poesia e amore, che commuove per tenerezza e pace. Niente. E via con la coltellata al cuore della Scala.
Il procuratore Luigi Patronaggio

Adesso volano gli indignati proclami di chi annuncia punizioni e severità. Ed è bene che si controllino le telecamere di sorveglianza sulla strada fra Porto Empedocle e Realmonte. Ovvero gli acquisti dei materiali nei negozi specializzati di Agrigento e dintorni. Dando la caccia a qualcuno, forse, fuori di testa. Ma più che allo squilibrio di uno strambo sicario, stavolta, quest’insulto alla comunità civile fa pensare ad “una vera e propria sfida”, come sospetta il procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio aprendo una inchiesta per danneggiamento di beni avente valore paesaggistico. Carabinieri al lavoro attorno a questa Scala amata da Andrea Camilleri: “Io e i miei amici da maggio a ottobre tutta l’estate a godercela”. Ricordi giovanili. Pagine tradotte perfino in cinese perché con il Cane di terracotta pure a Pechino sanno dov’è questo invidiabile gioiello vincitore del premio come miglior paesaggio d’Europa nel 2018.

Lo apprezza il mondo intero, ma tremolante reticolato a parte, è come se il bene non appartenesse a nessuno. Nonostante un’annosa diatriba legale. Conclusa, dopo inchieste e sequestri, restituendo una parte del terreno soprastante alla famiglia Sciabarrà, da sempre decisa a far valere il titolo di proprietà, e il resto alla Regione siciliana, obbligata sulla carta a curare manutenzione e controllo. Come un museo. Ma senza vigilare sull’accesso. Con le porte spalancate ai fuori di testa e agli sciagurati di una sfida ancora tutta da decifrare.
da Corriere della Sera del 9 gennaio 2022