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“I teatri chiusi tolgono il sonno e tormentano l’anima”

Nella Giornata mondiale del Teatro, una riflessione di Salvatore Picone sui teatri vuoti e a luci spente.

I teatri chiusi tolgono il sonno, tormentano l’anima… I teatri sono come le città, non stanno mai fermi, vanno avanti o indietro… ti regalano una emozione”. Me lo disse anni fa Marco Paolini – drammaturgo, regista, attore, scrittore e produttore cinematografico italiano –  per un giorno protagonista di uno spettacolo al teatro Regina Margherita di Racalmuto allora diretto da Andrea Camilleri. I teatri chiusi tormentano l’anima, sì. Come sta avvenendo da un anno ormai in tutto il mondo a causa della terribile pandemia che ancora ci tormenta e ci preoccupa. In questa giornata dedicata al Teatro, al netto delle tante iniziative virtuali, non si può non pensare ai teatri chiusi non solo per effetto pandemia, diciamo così, ma anche a quelli chiusi per effetto burocrazia. E ce ne sono tanti in Italia, nelle grandi città e nei piccoli centri.

Lungo la Strada degli scrittori, tappe del percorso legato alla vita e alle opere dei grandi autori nati e vissuti qui, sicuramente ci sono i teatri. Ad Agrigento, il glorioso teatro “Pirandello” e poi a Racalmuto, il “Regina Margherita” – amato da Leonardo Sciascia e anche da Andrea Camilleri che ne ha diretto le prime Stagioni nel 2003 – e Caltanissetta, in quel teatro dove sono ambientate le pagine del “Birraio di Preston” del papà del Commissario Montalbano e patria del drammaturgo Rosso di San Secondo, città-teatro come la Girgenti del Nobel Luigi Pirandello. Tutte tappe obbligate della “Strada”, luoghi della memoria di un popolo che vive di Teatro, dentro il Teatro.

I teatri di Caltanissetta, Racalmuto e Agrigento tappe della “Strada degli scrittori”

E allora, in questa giornata mondiale istituita a Vienna sessant’anni fa – era il 27 marzo del ’62 – ci piace ricordare le parole di Andrea Camilleri, che fu grande regista teatrale e televisivo, l’impressione che un teatro al buio può fare a grandi e piccini. Teatri spenti come sono oggi, palcoscenici vuoti e luci abbassate, senza attori registi e tecnici, senza scenografi e costumisti, senza maschere e senza orbetto, così nel gergo degli attori viene chiamato il pubblico: “Nel preciso momento in cui si spengono o si abbassano le luci, non proviamo nessuna paura per il semplice motivo che siamo degli incoscienti puri e totali. Il teatro può fare un danno o un bene spaventosi”, scriveva Camilleri.

Proprio lo scrittore empedoclino ci spiegò nel libro “Le parole raccontate”, un piccolo dizionario di termini teatrali, cos’è il Teatro. Non semplicemente un edificio, ma un luogo magico e unico. Parole che mi sembrano appropriate al momento che stiamo vivendo: “Sta per scoppiare il diluvio universale. Noè si affretta, disperatamente, a far entrare nell’arca una coppia di tutti gli animali della terra. Poi comincia a piovere. Piove tanto che l’acqua solleva l’arca, la fa galleggiare. Diluvia per giorni e giorni. Ogni tanto Noè è costretto a salire sul ponte per vedere come stanno le cose. Nella speranza di non bagnarsi, si è costruito un rudimentale ombrello. Ogni volta che sale sul ponte, apre l’ombrello. E si bagna, naturalmente, ma l’ombrello gli ha dato l’illusione di averlo in qualche modo riparato. Ecco, questo è il Teatro: l’ombrello di Noè”.