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Girgenti

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[location title=”Girgenti” lat=”37.3110897″ lon=”13.57654750000006″]Girgenti è oggi il centro storico di Agrigento[/location]
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È la città descritta da Pirandello in molte novelle e nei romanzi; nei suoi personaggi spesso si ritrovano quelli del tempo, fatti e momenti di vita del tempo.

Girgenti è oggi il centro storico di Agrigento.

L’aveva suggerito Andrea Camilleri e il sindaco di Agrigento Lillo Firetto che gli aveva assegnato la cittadinanza onoraria ha deciso di tornare a far chiamare l’intero centro storico della città dei Templi “Girgenti”, col nome che aveva fino al 1927, quando fu chiamata Agrigento per volontà di Benito Mussolini. «Agrigento mi fa pensare al fascismo – aveva affermato Camilleri -, Girgenti a Pirandello».

Per Pirandello Girgenti è

“silenziosa e attonita superstite nel vuoto d’un tempo senza vicende, costellata di vecchie casupole, vere tane di miseria (…) Vi si saliva per angusti vicoli sdruccioli, a scalini, malamente acciottolati, sudici spesso, intanfati dai cattivi odori misti esalanti dalle botteghe buje come antri…” .

Nello stesso romanzo si attraversa Porta di Ponte, l’ingresso per la via principale della città, la Via Atenea, detta impropriamente la “piazza”, perché luogo di ritrovo.

“Non passava giorno che non si vedessero per via in processione funebre le orfanelle grigie del Boccone del povero: squallide, curve, tutte occhi nei visini appassiti, col velo in capo, la medaglia sul petto e un cero in mano. Tutti, per poca mancia potevano averne l’accompagnamento…”.

Sulla parallela corre la via Pirandello, un tempo via San Francesco, dove si trova la casa di città della famiglia dello scrittore. La descrizione della via principale prosegue fino a piazza Gallo, dov’era una volta il Tribunale e ove spicca l’ architettura dell’anticipo Municipio, oggi sede della Camera di Commercio. Si prosegue l’itinerario fino al Teatro Pirandello, prima Regina Margherita, che è ubicato nell’omonima piazza. Si torna indietro per inerpicarsi per la via Bac Bac (o Matteotti) e la piazza Lena.

“Presero per l’erta via di Lena dove pareva fosse un tumulto attorno a qualcuno che cantava. Niente! Erano i pescivendoli che, arrivati or ora dalla marina, scavalcati dalle mule cariche, gridavano tra la folla il pesce fresco, con lunga e gaia cantilena. I tre proseguirono per la salita sempre più erta di Bac Bac, finché non giunsero presso la porta più alta della città, a settentrione, il cui nome, arabo anch’esso, Bab-er-rjiach (Porta dei Venti), era divenuto Bibirria”.

Altri luoghi descritti sono la zona della Cattedrale di San Gerlando, il Vescovado, e la Biblioteca Lucchesiana:

“…Vidi nella penombra fresca che teneva l’ampio stanzone rettangolare presso un tavolo polveroso, cinque preti della vicina Cattedrale e tre carabinieri dell’attigua caserma in maniche di camicie, tutti intenti a divorare una insalata di cocomeri e pomidori. Restai ammirato. I commensali stupiti levarono gli occhi dal piatto e me li confissero addosso. Evidentemente io ero per loro una bestia rara e insieme molesta. Mi appressai  rispettosamente (perché no) e domandai del bibliotecario. “Sono io”, mi rispose uno degli otto, con voce afflitta dal boccone non bene inghiottito…”