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Favara – Il Castello e i luoghi di Russello

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[location title=”Favara – Il Castello e i luoghi di Russello” lat=”37.31480243054993″ lon=”13.660661669450405″]Costruito nel 1270 dai Chiaramonte, un’antica famiglia di origine francese, arrivata al seguito dei Normanni tra l’XI e il XII secolo e molto potente nel XIV secolo, fu la residenza di caccia di Federico II di Svevia[/location]
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A Favara bisogna arrivare in piazza Castello (già piazza Cavour) per incontrare i luoghi di Antonio Russello, ampiamente descritti e vissuti dall’autore.

Non molto lontano dal centro abitato altri luoghi riconducibili all’opera di Russello: C.da Piana, miniere di Ciavolotta, Bargelamone, Scintilia, Malvizzo…

In piazza è stato posizionato un suo busto, poco distante dal Caffè in cui soleva sedersi al tavolino per leggere o scrivere.

Siamo nella piazza principale della città, su cui si affacciano i più importanti edifici. La sua attuale conformazione risale al XVI secolo.

Sul lato orientale c’è il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, opera dello scultore Cosmo Sorgi. I palazzi che si affacciano sulla piazza sono: il Palazzo Comunale sul lato nord, il Palazzo Mendola, il Palazzo Salvatore Cafisi, contiguo al Mendola, il Palazzo Giuseppe Cafisi, il Palazzo Fanara sul lato sud e infine la Biblioteca-Museo ‘Antonio Mendola’ di eccezionale suggestione.

Costruito nel 1270 dai Chiaramonte, un’antica famiglia di origine francese, arrivata al seguito dei Normanni tra l’XI e il XII secolo e molto potente nel XIV secolo, fu la residenza di caccia di Federico II di Svevia; di pianta quadrata, ha un accesso sul lato sud, con un recinto fortificato, attraverso un portale ogivale oggi chiuso che dà su una corte. Qui si conserva parte di uno stemma con il tema araldico di Federico II, mai rinvenuto in alcuna famiglia siciliana, e un altro portale dà accesso a una scala per il ballatoio dove si apre un giardino.

Al piano terra vi erano le cucine, con volte a botte.

Nel 1840 circa la cisterna al centro del recinto fu ricoperta dal selciato e furono abbattuti una torre merlata e un grande portale gotico per la costruzione del palazzo di Giuseppe Cafisi.

Nel ‘700 le cucine furono destinate a carcere, e le pareti conservano ancora i graffiti dei prigionieri.

Oggi è usato come sala di rappresentanza del Comune e ospita manifestazioni ed eventi culturali.

Il paesaggio confinava col mare che vi batteva e vi s’attaccava con una striscia smeraldina: più in là la striscia era azzurra e poi viola, e di nuovo smeraldina, azzurra, viola. La terra, invece, da Mosè a San Leone, riposava in un costone di vigenti cupi e poi s’alternava di distese e di colline gialle, che fumavano, ed erano i calcheroni delle miniere di Ciavolotta, della Principessa, di Lucia. La terra che aveva sete più di rigagnoli d’acqua, pareva che per dispetto avesse fuoco dentro, rigagnoli di fumo invece, che uscivano e salivano in alto. V’indovinava gli zolfatari che arrivavano a piedi da Naro, da Favara, da Comitini, da Agrigento; stanchi, sudati, con l’acetilene…

A. Russello – La grande Sete, ed. Santi Quaranta, 2007