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Decifrata la lettera del diavolo della “beata Corbera” del Gattopardo

Nell’era dell’informatica e dei software non stupisce che si ricorra a un algoritmo per decodificare  e dare così una spiegazione a un quesito di qualsivoglia natura. Ma che il metodo della calcolabilità venga utilizzato per decifrare La Lettera del Diavolo non lascia certo indifferenti e, diciamolo pure, inorgoglisce che a giungere a questo risultato sia stato un gruppo di fisici e informatici catanesi del “Ludum science center” alle porte della città siciliana. Il documento è la missiva che l’11 agosto 1676, si narra, sia stata dettata o consegnata dal Demonio, tra le mura di una cella del Monastero di clausura di Palma di Montechiaro nell’agrigentino, alla Venerabile Suor Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi di Lampedusa, che anziché firmarla vi avrebbe scritto solo “ohimè”. Una storia misteriosa a cui sono state dedicate pagine di letteratura e che ha appassionato scrittori come Andrea Camilleri e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tra gli autori a cui è dedicata la Strada degli Scrittori, insieme ai luoghi da cui hanno tratto ispirazione (www.stradadegliscrittori.it).

Dopo una visita al Monastero, infatti, il pronipote della suora, decise di inserire ne Il Gattopardo l’episodio, celando la figura della sua antenata nel personaggio della “beata Corbera”. Di questa vicenda si parla anche nel documentario La Sicilia del Gattopardo di Ugo Gregoretti. Adesso, il mistero è tornato alla ribalta della cronaca nazionale: “Un tentativo, è bene chiarirlo, ma un tentativo i cui esiti ci hanno stupiti” dichiara Daniele Abate, responsabile del team e direttore del Ludum, che in un’intervista rilasciata a La Stampa, spiega l’uso di un programma di decriptazione preso dal «deep web», l’insieme di programmi (che non si trova neppure su Google) utilizzati dall’intelligence per decifrare messaggi segreti. Un algoritmo che ha prima individuato i caratteri che si ripetono uguali, per poi compararli con i segni alfabetici più simili nelle varie lingue. Un reperto di poche righe, scritto in un alfabeto incomprensibile, tra greco, latino, runico (delle antiche popolazioni germaniche) e quello degli yazidi (il popolo considerato adoratore del diavolo del Sinjar iracheno). La Lettera, custodita nell’archivio della Cattedrale, fu esposta e mostrata al pubblico per la prima volta nel novembre del 2009, nella Stanza del Tesoro della Torre Campanaria. Uno degli angoli più suggestivi della vecchia Girgenti, dalla vista mozzafiato sul cuore di un Centro Storico  tutto da raccontare all’interno di un itinerario, sacro e urbano, a fianco di quello archeologico. Itinerario, in cui rientrano la Biblioteca Lucchesiana, il Collegio Agostino e Tommaso, la sala Chiaramontana del Seminario, la via Duomo, il Monastero di Santo Spirito, il Mudia e altro. Nel Monastero di Palma di Montechiaro, invece, in una bacheca nella cella della “Venerabile”, della Lettera del Diavolo ne è conservata una copia. Le monache benedettine che oggi lo abitano (un tempo erano molto più numerose), oltre le grate, continuano a lavorare e a pregare, nel segno di suor Maria Crocifissa. Preparano dolcetti alle mandorle, che i visitatori ottengono in cambio di offerte attraverso la «ruota», la stessa utilizzata in passato per abbandonarvi i neonati «figli di nessuno». Il monastero, che custodisce cimeli, quadri, statue, è avvolto anche da un altro inquietante e misterioso avvenimento che figura nel romanzo giallo storico di Andrea Camilleri “Le pecore e il pastore” (Sellerio 2007), per la cui stesura lo scrittore empedoclino racconta di aver tratto ispirazione da un libriccino dimenticato della sua biblioteca. A incuriosirlo particolarmente fu proprio una nota, nella quale si riferiva di una lettera scritta il 16 agosto del 1956 dalla badessa del monastero benedettino delle monache di clausura di Palma di Montechiaro. Nella lettera si scriveva che dieci giovani monache si lasciarono morire, probabilmente di fame e di sete, per avere, in cambio della loro vita, la salvezza del Vescovo di Agrigento, divenuto troppo ingombrante perché schieratosi a fianco dei contadini nella lotta per l’abolizione del latifondo, e per questo vittima di un misterioso attentato. La Lettera del Diavolo ha ispirato pure lo scrittore genovese ma di origini nostrane Sergio Campailla che proprio ad Agrigento ha ambientato il suo “Il Paradiso Terrestre”. Adesso più che mai appare probabile immaginare l’affascinante storia di Suor Maria Crocifissa, il Monastero di Palma di Montechiaro e la Stanza dei Tesori della Cattedrale, al centro di nuove pagine letterarie o di intricate trame cinematografiche. Chissà magari una nuova film commission a cui si ritroverà a collaborare il Distretto Turistico Regionale Valle dei Templi che, con Anas e l’omonima associazione, porta avanti il progetto Strada degli Scrittori.

Chiara Mangione

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