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Come dar voce al gioco di emozioni, il Tabernacolo di Bronte convince la Giuria

Un uomo che perde la fede nella giustizia terrena e in quella divina, che abbraccia la follia per non veder perso ogni briciolo di quanto fatto nella vita. Il dramma e la risata, come solo Pirandello è stato capace di coniugare, sono al centro della novella “Il Tabernacolo”, riadattato e portato in scena dagli studenti di terza media dell’I.C. “Luigi Castiglione” di Bronte, che si sono aggiudicati il “Premio speciale per l’originalità”.

Da dove nasce l’idea di partecipare al concorso nazionale “Uno, nessuno e centomila”?

“In primo luogo – spiega la referente del progetto, la professoressa Maria Giovanna Mavica –  dal particolare contesto della classe, eterogenea sul piano sociale e cognitivo e, di conseguenza, dalla necessità di dare voce al gioco delle emozioni positive che, proprio attraverso la drammatizzazione, trovano libero sfogo. Il teatro, quale strumento pedagogico in grado di incidere profondamente sulla crescita della persona, consente la spettacolarizzazione della didattica e facilita l’apprendimento dei temi di fondo dell’opera pirandelliana, che certamente non sono di non facile fruizione per i ragazzi della secondaria di primo grado, offrendo validi spunti di riflessione”.

In questa ottica, come mai la scelta de “Il Tabernacolo”?

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“Si tratta di una storia allo stesso tempo realistica e metaforica. Per questo ha assolto ad una duplice funzione: far sì che dei ragazzini di terza media riuscissero a comprendere e descrivere come Pirandello vede il rapporto tra individuo e società, dall’altra risponde all’esigenza di raccontare i colori, le luci e i suoni della nostra Sicilia, una regione ed una terra privilegiata da molti scrittori che hanno scelto di ambientarvi le loro opere. In tal senso ‘Il Tabernacolo’ per l’apparente realismo della novella, ben si presta ad un rappresentazione veristica nella campagna siciliana, ma lascia trasparire, nel profondo, l’assurda e paradossale realtà. Le vicende appartengono al quotidiano ma ne mostrano il lato assurdo, il volto bizzarro, l’aspetto comico e tragico al tempo stesso. Spatolino, il protagonista, o per meglio dire l’umanità tutta, nella visione pirandelliana, non è ciò che ritiene di essere ma è come lo vedono gli altri e cioè la società, che finirà per ingabbiarlo in un ruolo che non ha vie di fuga se non la follia”.

Quindi il teatro non come svago, ma come vera attività didattica..

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“La duplice esperienza di attori e registi ha permesso ai ragazzi di apprezzare il racconto non solo del reale, ma nel reale, aiutandoli a capire come con esso sia possibile scoprire la dimensione intima e profondamente umana del saper stare insieme, in un contesto che non è l’aula scolastica. Inoltre attraverso i dialoghi riadattati da loro, le scenografie, li costumi, le musiche, hanno cercato di raccontare le atmosfere e i luoghi della nostra terra, delle nostre tradizioni, dei nostri antenati. Qualche allievo, sia per predisposizione caratteriale sia per ragioni legate all’apprendimento, ha molto apprezzato il poter recitare anziché ‘esporre’ il contenuto della novella, mostrando interesse e passione per l’arte drammatica, accogliendo di buon grado la possibilità di partecipare ai laboratori teatrali previsti durante le giornate della premiazione”.

(in copertina gli studenti che hanno collaborato al progetto e uno degli attori con in mano il fucile che viene imbracciato da don Lagaipa, il padre confessore di Spatolino)