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Caltanissetta negli Scrittori della Strada

Le città della Strada degli scrittori. La docente universitaria Marina Castiglione ripercorre alcune nostre attività: “Importante occasione per riconoscere la nostra storia e per offrirla ai giovani e ai turisti”.

Appunti per un viaggio a… CALTANISSETTA

La Strada degli scrittori a Caltanissetta

La “Strada degli scrittori” è una proposta culturale e turistica di cui parlò Felice Cavallaro sulle pagine del Corriere della Sera e che divenne progetto concreto grazie ad un protocollo d’intesa, l’11 novembre 2013, a Racalmuto, alla presenza dell’allora Ministro per i Beni culturali Massimo Bray, oggi direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, e dal Presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, on. Giovanni Ardizzone.
Nell’occasione di un’opera infrastrutturale importante per il centro Sicilia, ossia il raddoppio della SS 640, Cavallaro pensò che la maggiore facilità di collegamento con le principali arterie dell’isola potesse offrire uno slancio ad un itinerario turistico-culturale che mettesse in luce le peculiari omogeneità del territorio a partire dalla presenza di significative voci letterarie del Novecento.
Il progetto divenne ancor più concreto con l’impegno di Anas, annunciato il 4 febbraio 2016 dal presidente Gianni Vittorio Armani, che accettò di denominare ufficialmente la SS 640 come “La Strada degli Scrittori”.

La rete stradale si snoda lungo quella che per secoli fu la via dello zolfo, estratto nel Graben gessoso-solfifero e trasportato per la sua commercializzazione sino al molo di Porto Empedocle. Qui vide svolgersi la sua storia un mondo antropologicamente connotato da questa peculiare attività lavorativa e che ha avuto cantori d’eccezione lungo il corso dell’ultimo secolo. Proprio i luoghi di nascita di questi autori sono stati scelti come tappe di collegamento per rappresentare la storia, i costumi, la tradizione, l’alimentazione siciliana. L’idea sottostante il progetto è, quindi, quella di unire i paesaggi e le città dei grandi autori, cercando i luoghi vissuti o descritti nelle loro opere, osservandone i colori e immaginandone le mappe socio-antropologiche.

Rosso di San Secondo

Gli svincoli stradali contrassegnati da queste voci d’autore sono: Giuseppe Tomasi di Lampedusa, per Palma di Montechiaro, Andrea Camilleri per Porto Empedocle, Luigi Pirandello per Agrigento, Leonardo Sciascia per Racalmuto, Antonio Russello per Favara, Piermaria Rosso di San Secondo per Caltanissetta. Cambiare il nome agli svincoli, però, non è sufficiente se non si crea una sensibilità comunitaria che veda in questo specifico “brand” un’occasione di ripensamento identitario e di prospettiva futura. Dalla casa natale di Pirandello al Caos, fino alla Cattedrale di Girgenti dov’è conservata la lettera del diavolo, manoscritto di Suor Maria Crocifissa, la Beata Corbera citata da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo; dalla marina di Vigàta descritta da Andrea Camilleri, l’attuale Porto Empedocle, al porto con la maestosa Torre Carlo V protagonista de La strage dimenticata; dalla Noce e dalla piazza di Racalmuto di Sciascia sino alle campagne aride della Grande sete di Antonio Russello; dalla piazza di Caltanissetta descritta ne La banda municipale di Pier Maria Rosso di San Secondo alle valli traforate di imboccature di miniera del Re della zolfara, ogni centro coinvolto nella Strada degli scrittori ha la possibilità di valorizzare al meglio spazi evocativi e di farne un circuito con attività periodiche. In questa direzione sono già stati svolti due Festival della Strada degli scrittori (uno nel 2014 e l’altro nel 2017), tre Master di Scrittura (2017, 2018, 2019).

La presenza di Caltanissetta all’interno di questo progetto è stata da subito quella di una città che si è messa in gioco per recuperare una dimensione di valorizzazione letteraria sia come oggetto di interesse da parte degli scrittori che come soggetto che “produce” scrittura.
Nel 2014, ad esempio, vi fu un ricco programma diluito nel corso di quasi un anno, che vide conferenze, estemporanee di pittura in piazza e recital di poesie. Da novembre 2014 al maggio 2015 si svolse un Laboratorio di teatro sperimentale, “La prima luna di Ciàula”, a cura dell’Associazione Primaquinta diretta da Aldo Rapè, con riletture degli autori della Strada degli scrittori. A dicembre si organizzò La morte in scena: il teatro di Pier Maria Rosso di San Secondo, con il Prof. Paolo Puppa Ordinario di Storia del teatro e dello spettacolo dell’Università di Venezia. Da gennaio 2015 a maggio 2015 esordì la manifestazione (S)cartabellando tra marionette, nani e giganti: incontri di lettura e scrittura presso la Biblioteca Scarabelli, all’interno della quale partì il primo laboratorio di tweetteratura, ossia un approccio di riscrittura creativa attraverso la sintesi dei 140 caratteri di un tweet a cui parteciparono quattro istituti superiori cittadini (Liceo classico- Linguistico Ruggero Settimo, Liceo Scientifico Alessandro Volta, Tecnico commerciale Mario Rapisardi, Istituto di istruzione secondaria Luigi Russo).

Felice Cavallaro incontra gli studenti di Caltanissetta durante il Festival del 2017

Ma nel 2017 giunse a maturazione una presa di coscienza dell’importanza di un ulteriore circuito, ossia quello dei Parchi letterari nazionali, tale che il 9 giugno, durante il Festival della Strada degli scrittori venne inaugurato grazie alla Dante Alighieri provinciale presieduta dalla prof.ssa Marisa Sedita Migliore e al Direttore nazione Stanislao de Marsanich il Parco letterario dedicato a Pier Maria Rosso di San Secondo. Un importante convegno di studi mise a confronto l’opera di Pirandello e del drammaturgo nisseno e tra i relatori vi fu la presenza della prof.ssa Gabriella Corsinovi dell’Università di Genova. La data coincise con la Festa della creatività e fu possibile pubblicizzare l’intero progetto della Strada degli scrittori grazie alla presenza di Felice Cavallaro, invitato dagli studenti.  Il programma fu denso e propose ben due mostre, la prima su Andrea Camilleri, Vigàta e lo sbarco degli alleati, la seconda A tavola con gli scrittori con pannelli esplicativi sul cibo raccontato nelle pagine di letteratura siciliana. Vi furono, inoltre, presentazioni di libri (Roberto Sottile, Le parole del tempo perduto – Ritrovate tra le pagine di Camilleri, Sciascia, Consolo e molti altri), tavole rotonde (Etica ed estetica nella poesia contemporanea in Sicilia, con Cetta Brancato, Angelo Scandurra, Paolo Lisi e Alessio Arena), concorsi per studenti, passeggiate guidate dall’arch. Giuseppe Giugno con letture sui luoghi sansecondiani, un pranzo presso una “putìa di vino” alla maniera degli zolfatai, un corso di tweetteratura svolto presso la Biblioteca Comunale Luciano Scarabelli. La manifestazione si chiuse con la messa in scena di un allestimento itinerante del Ratto di Proserpina di Rosso di San Secondo, dal titolo L’attesa, per la regia di Aldo Rapè.
In questi pochi anni, quindi, grazie ad un input di rete, Caltanissetta ha recuperato un importante tassello e ha acquisito nuove informazioni grazie a letture, conoscenze e scambi che hanno bisogno di essere alimentate dall’alto, con finanziamenti specifici, e sostenute nel sentire comune.

Caltanissetta negli scrittori della Strada

Tra nisseni non abbiamo bisogno di ricordare la nota definizione sciasciana di Caltanissetta come la “piccola Atene”: un vero e proprio cenacolo culturale di intellettuali, che si riunivano all’interno della libreria di Salvatore Sciascia, editore raffinato e intuitivo. Sebbene quella immagine ci inorgoglisca, va ridimensionata ad una élite generazionale e sociale precisa. Di certo, in quegli anni, Caltanissetta conobbe una felice presenza di intelligenze autoctone e non che la rendeva epicentro di interessi culturali e imprese editoriali di rilevanza nazionale .
E la sua centralità, emerge nelle apparizioni – a volte brevi e incidentali, a volte più ricche e strutturate – come luogo narrato. Sergio Mangiavillano ha mirabilmente raccolto molti di questi passaggi letterari (e giornalistici) in Una città lontana e sola e alcuni di questi riguardano autori che risiedettero a Caltanissetta sia pur per un breve periodo, come il caso di Vitaliano Brancati, insegnante presso l’Istituto Magistrale negli anni 1937 e 1938, che la descrisse in Sogno di un valzer e ne La noia del ‘937. Ma essa appare anche in Consolo, per fugaci apparizioni, nella raccolta di racconti Le pietre di Pantalica, e si nasconde – per ammissione delle scrittrice Silvana Grasso – dietro la descrizione di Pace del Mela nel racconto L’amante di Cicala, all’interno di Nebbie di ddraunàra.

Ma se volessimo vedere come Caltanissetta sia tappa importante per quasi tutti gli scrittori della “Strada” (eccezion fatta per Tomasi di Lampedusa e includendo, ovviamente, alcune opere di Rosso di San Secondo), basterebbe citare I vecchi e i giovani di Pirandello, la lunga e importante presenza in città di Leonardo Sciascia, la vicenda surreale dell’inopportuna inaugurazione del teatro Margherita con l’opera Il Birraio di Preston voluta dal prefetto Fortuzzi (Bortuzzi nel romanzo) nel romanzo omonimo di Andrea Camilleri; e, ancora la vicenda narrata in un altro romanzo camilleriano, Il nipote del Negus, che prende spunto dagli studi presso la Regia Scuola Mineraria del nipote di Hailè Selassiè, ultimo imperatore d’Etiopia.
Ciò che risulta abbastanza inedita è la presenza di Caltanissetta nell’opera del favarese Antonio Russello, autore di alcuni romanzi poco conosciuti ma di grande qualità letteraria coma La luna si mangia i morti (apparso nel 1958 nella collana “Medusa degli italiani” curata da Elio Vittorini), La grande sete (1961) e Giangiacomo e Gianbattista (1969, finalista al Campiello). Nato a Favara nel 1921 e morto a Castelfranco Veneto nel 2001, la sua famiglia sarà soggetta a diversi trasferimenti a causa del lavoro del padre come impiegato presso le ferrovie dello stato. Prima importante tappa nella vita dell’autore è proprio Caltanissetta, dove Antonio frequenta le scuole elementari. È il 1932 quando la famiglia si trasferisce a Palermo e da qui poi passerà ad insegnare in Veneto. Insomma, un altro uomo del Sud che vive, nel Nord, la nostalgia e la rilettura della terra d’origine:

Noi ci portiamo appresso non solo lembi di terra cielo e sangue di chi ci fece, ma anche il peso d’una data, della quale bisogna che uno scrittore assuma la piena responsabilità. E anche la data è una patria temporale in cui egli s’è sentito rivivere, ha sentito risalire il latte di quella nutrizione, il dolore di quella dentizione. Ora io penso che si può essere fedeli a se stessi, solo quando l’ispirazione ci riporta sempre alla stessa terra, ci schiacci sempre sotto quell’urgere di terra e cielo e sangue i quali, come destino, perciostesso che continuamente premono, vogliono essere placati come spiriti cattivi, con l’evocarli“. (A. Russello, La luna si mangia i morti, Editore Santi Quaranta, Treviso 2003, p. 23)

La presenza di Caltanissetta è certamente in due luoghi della sua opera letteraria, in Vita postuma, una autobiografia inedita, e in Siciliani prepotenti, raccolta di sei racconti del 1969. Nell’autobiografia così esordisce: “Nato anagraficamente a Favara, presso Agrigento, nel 1921, ho appreso d’essere stato sicuramente concepito in un deserto, a Villalba, presso Caltanissetta. Mio padre vi fu mandato in un casello ferroviario. I treni passavano. Io ne sentivo il tran tran, l’avvicinarsi, lo sventolio e l’allontanarsi che ero ancora nel grembo di mia madre. […] ero già per finire le scuole elementari a Caltanissetta, dove mio padre, trasferito da casellante, promosso impiegato, fu assunto negli uffici ubicati sopra la stazione ferroviaria. Quindi fino ai 10 anni della quinta, ho sentito treni arrivare, treni ripartire. Non avevo ancora l’età per uscire, andare in città, conoscerla, senza essere preso per mano dai miei. Allora mia madre me ne faceva vedere una parte mettendosi con me al balcone. […] “Quegli aquiloni alti coi fili tesi da mani infantili, tenevano fisso il mio sguardo sulla collina di San Michele. Al loro sobbalzo improvviso, diritto o di sghembo, i bambini (dell’asilo) correvano, e dietro a loro, a reggergli il filo nelle mani, correvano le suore azzurrovestite coi loro bianchi copricapo inamidati ad ali rovesciate di colombe… Era dal balcone del terzo piano della nostra casa che guardavo la collina di fronte sopra villa Cordova. Dietro di me sul balcone, mia madre, nel profumo intenso delle magnolie che saliva dalla villa, reggeva anch’essa il filo del mio sguardo”. […] “Un giorno, forse di primavera, ad uno di quei bambini come me, sfuggì dalla mano il filo che gli teneva l’aquilone. Rimasi a guardarlo che s’alzava, s’alzava e tutto bianco si confondeva col chiarore del cielo e se n’andava a scomparire dietro la collina di San Michele, di là… Ebbi un tuffo nel cuore come se l’aquilone fosse fuggito a me dalle mani. Non so se mi chiesi se ci sono cose che pure possono staccarsi da noi e andare a perdersi lontano, e perché…”.
Più avanti ancora: “Mia madre con la guancia poggiata alla mia, guidava il mio sguardo in modo che, se avessimo potuto capirlo allora, era come un’affettuosa ricerca toponomastica della città, tutta a giro dei quattro punti cardinali. E a giro d’orizzonte, cercando di farci largo con lo sguardo tra le alte magnolie di Villa Cordova, presomi il viso tra le dita, ella me l’orientava verso la stazione ferroviaria e le finestre degli uffici del piano superiore: Lì, vedi? c’è tuo padre…
Su quel balcone eravamo come degli uccelli che avessero fermato il volo sul punto più alto d’una magnolia della villa ch’era sotto di noi, come gabbiani che non sanno dove abbiano il nido”.

Antonio Russello

Dove fosse ubicata la casa di famiglia, lo apprendiamo proprio in Siciliani prepotenti, nel racconto IV, Novene di Caltanissetta: “Se la memoria non m’inganna era la via Terranova quella in cui abitavamo, a Caltanissetta, una via strettissima che allungando una mano dalla nostra casa, per modo di dire, la ringhiera del balcone di fronte si poteva toccare. Avrò avuto tre anni; mia madre si affacciava alla finestra e mi parlava di una contessa che ci stava a quel balcone, dove un grande nespolo piantato in una botte, apriva nell’aria, sventagliate, le sue larghe foglie. […] Sono tornato dopo 25 anni a Caltanissetta. Sono andato in via Terranova e prima ho scoperto il nespolo. Credevo di trovarci la vecchia contessa, invece ci ho trovato Graziella e Concettina. Alla vecchia casa sempre ci si ritorna”. (pp. 87-100)
E per chi, ancora oggi, volesse leggere una testimonianza d’autore della processione di Pasqua, a questo testo dovrebbe rifarsi, a conferma che la Strada degli scrittori non è soltanto un progetto che unisce luoghi, ma anche un tempo dentro cui noi nisseni possiamo riconoscere la nostra storia per offrirla ai giovani e ai turisti.

Marina Castiglione