fbpx

Antonio Russello, venti anni dopo

Il 26 maggio del 2001 moriva a Castelfranco Veneto lo scrittore siciliano. Con Gaspare Agnello ripercorriamo i luoghi della sua memoria: “Tutta Favara è nei suoi libri”

I luoghi nella letteratura di Antonio Russello non sono casuali ma hanno una loro ragion d’essere perché sono luoghi dell’anima. Russello è uomo di teatro per cui la scenografia deve avere un suo linguaggio che si deve confondere e integrare con la storia raccontata. I luoghi incidono sulla psicologia degli uomini e quindi nei romanzi diventano essi stessi personaggi.

Nella ‘Premessa’ a “La luna si mangia i morti” Russello scrive: “Questo libro è stato scritto nel 1953 in provincia di Padova e il paese a cui mi riferisco è Favara di Agrigento…”.

Gli altri libri che l’hanno preceduto e seguito, scritti tra il 1946 e il 1958, ritornano ad ambientarsi quasi sempre nello stesso paese. Dico questo perché non credo che i manoscritti vengano trovati in una bottiglia, non credo cioè che una vicenda possa essere indifferentemente posta in un paese come in un altro. C’è una fedeltà al di fuori della quale se l’autore si mette, rischia di essere orfano, rischia che la sua terra gli diventi matrigna. Noi ci portiamo appresso non solo lembi di terra cielo e sangue di chi ci fece…

“….Ora io penso che si può essere fedeli a se stessi , solo quando l’ispirazione ci riporti sempre alla stessa terra, ci schiacci sempre sotto quell’urgere di terra e cielo e sangue i quali, come destino, perciostesso che continuamente premono, vogliono essere placati come spiriti cattivi, con l’evocarli.”

I luoghi nella letteratura di Antonio Russello non sono casuali ma hanno una loro ragion d’essere perché sono luoghi dell’anima. Russello è uomo di teatro per cui la scenografia deve avere un suo linguaggio che si deve confondere e integrare con la storia raccontata. I luoghi incidono sulla psicologia degli uomini e quindi nei romanzi diventano essi stessi personaggi.

Uno scorcio del centro storico di Favara con il Castello

Restando nel romanzo “La luna si mangia i morti” ci si rende conto che Favara è l’ambientazione di tutta la storia e quindi CASAGRANDE, che sarebbe una casa di piccoli proprietari dove convivevano la famiglia dei genitori e dei figli, insomma una casa patriarcale che oggi non esiste più e che si può immaginare visitando la Farm. Poi c’è LA PIANA che da Favara arriva al mare, con i suoi calcheroni e con gli alberi di ulivo e di mandorlo. Luogo meraviglioso dove però tanti banditi sono stati uccisi e seppelliti o sotto gli alberi o bruciati nei calcheroni di zolfo.

Altro luogo dei giochi dei ragazzi era TREROCCHE  e la STAZIONE silenziosa, posta sulla collina dove il giovane Russello, quando arrivava per le vacanze, era atteso dai suoi cugini. La stazione era il punto di arrivo di un trenino che si inerpicava da Agrigento a Favara sulla collina con un tracciato a zig-zag con sali e scendi che lo rendeva molto suggestivo. Un tracciato che non esiste più perché è stato distrutto e su di esso vi hanno costruito anche abusivamente.

Il luogo del cuore era Villa Fanara dove il protagonista de “La luna si mangia i morti” andava a giocare e guardava le persiane dietro le quali intravvedeva una bella fanciulla inarrivabile per ragioni di censo.

Il giovane, che poi è Russello, diventato professore torna a Favara e va a VILLA FANARA “Nel sole morente ho riscoperto, sopra, Villa FANARA. Al cancello ho posto il viso e non c’era più quel folto mucchio d’oleandri”.

Non c’è più neanche la giovane fanciulla a cui ora, da professore, poteva aspirare. Riscopre TREROCCHE, LA PIANA, CASAGRANDE, MA TUTTO CAMBIATO. E va al CIMITERO DOVE PARLA CON IL NONNO.

LA PIANA, DA DOVE SI VEDE IL MARE, DISTANTE 18 CHILOMETRI, RITORNA PREPOTENTEMENTE NE “La grande sete” .

Nel Racconto “Siciliani Prepotenti” si ritorna a parlare del CIMITERO di Favara dove i Matina e i Vaccaro costruiscono i loculi per i loro morti ammazzati per via di una feroce faida. Ma il luogo più importante del racconto è la MONTAGNELLA DI FAVARA dove Gesù si reca per implorare il Padre di non farlo nascere in Sicilia e di trovargli un altro luogo per la sua nascita: “Salì alla MONTAGNELLA di Favara, venne in mezzo agli ulivi ch’era il tramonto e si buttò in ginocchio…”.

Il libro “Ragazze del Friuli” si apre con una bellissima descrizione della marina di FIUME NARO dove Russello passava le sue estate.

In “Storia di Matteo”, che Russello aveva titolato “La scure ai piedi dell’albero”, c’è tutta Favara perché la vita del figlio bastardo del Barone si svolge tutta a Favara. Certamente ci sono tutti i palazzi nobiliari quali il PALAZZO DEL BARONE MENDOLA, LA BIBLIOTECA COMUNALE, IL PALAZZO FANARA ED ALTRI CHE NON POSSONO ESSERE PERFETTAMENTE INDIVIDUATI PERCHE’ I NOMI DEI PROTAGONISTI SONO DIVERSI DA QUELLI REALI. Ci sono le contrade GRANCIFONE, CIANCIANA, MALVIZZO (MALVIZZO E’ IL TITOLO DI UN SUO ROMANZO INEDITO) e le cinque sorgenti del paese: DEI CANALI, DI SANT’ANGELO, DI CICCHILLO, DI GIARRITELLA O DI SAN CALOGERO E LE ACQUE ‘MINTINE’ DI BARGELAMONE, GENTILUOMO, SCINTILIA, SAN BENEDETTO.

Il Barone Amodeo aveva anche lui la sua VILLA  AMODEO da DOVE SI SENTIVA IL RINTOCCO DELLE CAMPANE DELLE CHIESE MATRICE, SAN FRANCESCO, SAN VITO, CARMINE, SAN CALOGERO. Accanto al palazzo del Barone c’era il CASTELLO: “L’ala rimasta del castello Chiaramonte è sulla stessa linea del palazzo ma all’angolo opposto della piazza. Da un’ampia finestra lo guardavo. UNA SCRITTA MISTERIOSA, GEROGLIFICA, CHE C’E’ DENTRO, NESSUNO L’HA SAPUTA MAI LEGGERE…”.

Questa scritta sulla pietra, posta all’ingresso del castello, ritorna sempre nel libro. Per interpretarla qualcuno ci ha perso la vista. Alla fine si è capito che parla di come furono costruiti e da chi i soprarchi del Castello.

I luoghi del suo cuore, della sua Favara Russello li elenca nelle sue opere e non si fa fatica a trovarli. Al funerale del barone “mi spiegavo tanto intervento di popolo dalle opere che lui aveva realizzato: “L’orfanotrofio intitolato ‘il Boccone del Povero, l’Ospizio per i vecchi sul colle del convento di San Francesco, la ‘Biblioteca comunale’ nella piazza del paese…l’Oratorio e il Seminario vescovile”.

Russello parla del terrazzo del Seminario dove Matteo saliva: “Nell’immensa bianca distesa della terrazza, avevo bisogno d’andarmi ad isolare. Da ogni angolo si prende una vista. A Nord l’ondulata terra si getta quasi sul tetto di Villa Gibilaro. A Sud il rialzo di colline dal pietrone di Trerocche che arriva a Pioppitello, a Poggiomuto e di là alle miniere di Lucia e Ciavolotta. Ad Ovest, la strada che esce fuori paese, e scende fin sul tetto di Villa Bargelamone, taglia la ferrovia e sale il costone di San Pietro che nasconde mezzo il mare e mezzo Agrigento. Ad Est la terra che sale fino al costone calcareo della Montagnella e a quello più alto di Caltafaraci. Un osservatorio insomma che gira sempre”.

Ed infine Russello non poteva non citare PIANO CROCE DOVE C’E’ IL CALVARIO E CHE E’ STATO TEATRO DEL FILM IL CAMMINO DELLA SPERANZA e IL BAR ITALIA DI PIAZZA CAVOUR dove lo scrittore si sedeva per consumare il suo caffè e prendere appunti per scrivere i suoi meravigliosi libri da dove affiora una Favara mitica, la Favara del bandito Verdone e del brigadiere Lobianco che la riscatta.

Da questa breve relazione si capisce che tutta Favara si trova nei libri di Antonio Russello ma se si vuole scegliere un itinerario turistico dei luoghi di Russello bisogna partire da Piazza Cavour per visitare i palazzi nobiliari, il Castello con la pietra misteriosa, le chiese, il bar Italia, quindi la collina dove si trova il convento dei padri francescani, il Seminario, il Piano Croce con il suo Calvario, la Stazione Ferroviaria, la Montagnella, un belvedere da dove si può ammirare la piana che da Favara arriva al mare.

Russello nacque a Favara ma non vi abitò mai stabilmente. Ci restò per un anno di insegnamento e poi vi ritornava per le ferie estive, eppure è il più favarese dei favaresi.

Cosa strana ma il paese gli si scolpì nel cuore e la sua mente, mentre si trovava nel Veneto, correva sempre alla sua terra di nascita dove ambientò gran parte dei suoi libri.

Gaspare Agnello